Il Decadentismo

Il Decadentismo appare come la somma di manifestazioni anche molto differenti tra loro: al suo interno tuttavia si possono individuare dei denominatori comuni che consentono di usare una formula unica e onnicomprensiva.   Nel 1886 venne pubblicato il manifesto Le Symbolisme (Il Simbolismo) e questo termine soppiantò l’altro, infatti, nell’ambito delle aree culturali nazionali, in particolare inglese e francese, il termine “decadentismo” non venne molto usato, fu quindi soppiantato, in Francia, appunto dal termine “Simbolismo”, mentre, in Inghilterra con l’estetismo dei preraffaeliti (Wilde, Yeats, Pater e  Ruskin)    

La Visione del Mondo Decadente    

La visione del mondo decadente è un irrazionalismo che riprende ed esaspera posizioni già fortemente presenti nella cultura romantica della prima metà dell’800.   Viene radicalmente rifiutata la visione positivista, che costituisce il sostrato dell’opinione corrente borghese e sostiene che la realtà è un complesso di fenomeni regolati da ferme leggi della natura; individuate le quali, è possibile avere una conoscenza oggettiva e totale della realtà e, attraverso di essa, il dominio dell’uomo sul mondo, il progresso, il trionfo sui mali che affliggono l’umanità.    Il decadentismo ed il positivismo hanno due significati opposti. Mentre nel positivismo, in cui si aveva una grande fiducia nella realtà che veniva osservata attraverso metodi scientifici, l’uomo poteva verificare i mali e quindi intervenire per sanarli, con il decadentismo si afferma, al contrario, la sfiducia nella realtà concreta.   Il “decadente” ritiene che la ragione e la scienza non possano dare la vera conoscenza della realtà, perché l’essenza di essa è al di là delle cose, per questo, solo rinunciando alla razionalità si può attingere all’ignoto, al mistero, all’inconoscibile.    Egli, inoltre, è convinto che al di là degli aspetti oggettivi dei singoli elementi della realtà, tutti gli aspetti dell’essere sono legati tra loro da arcane analogie e corrispondenze, in cui ogni cosa è simbolo di qualcosa di più profondo che sta al di là di essa ed è collegata con infinite altre realtà che solo la percezione di alcuni esseri privilegiati può individuare.     In contrapposizione alla fiducia che i positivisti avevano nella realtà e nel metodo scientifico, che era lo strumento per studiare la realtà, i decadenti sostengono che: “LA REALTA’ CHE NOI VEDIAMO E’ APPARENZA; LA VERA REALTA’ E’ QUELLA CHE STA DIETRO ALLE APPARENZE”. Ma per “VERA REALTA’” intendiamo tutte quelle realtà, nascoste dietro a ciò che noi percepiamo concretamente, che sono legate tra loro, formandone così una unica; però c’è da dire che solo gli spiriti privilegiati riescono a scorgere questa vera realtà, poiché riescono ad intuire cosa c’è dietro alle normali apparenze. C’è quindi da notare che non tutti gli uomini sono uguali, perché solamente alcuni, vale a dire quelli dotati di forte sensibilità, riescono a carpire ciò che sta dietro all’apparenza.   Tale tesi dell’unità del tutto era già stata espressa da Baudelaire (In Corrispondence dei Fiori del male). Questi era un poeta francese che visse prima del Decadentismo, però già aveva avuto delle intuizioni: “LA REALTA’ E’ UN TUTT’UNICO”.   La visione decadente propone quindi una sostanziale identità tra l’io e il mondo; una rete profonda li unisce al di là degli stati superficiali delle realtà, in una zona in cui l’individualità scompare e si fonde con il tutto.   La scoperta dell’inconscio è il dato fondamentale della cultura decadente, senza di essa non sarebbe possibile capire niente dei prodotti artistici e della concezione propria del decadentismo.     Freud nel 1899 darà sistemazione scientifica a queste conoscenze nella “Interpretazione dei sogni”, al fine di dominare l’inconscio e porlo sotto il controllo dell’io.    Il Decadentismo risente dei fenomeni storici in cui si sviluppa. I positivisti cominciano a capire che la realtà in cui credono non dà la conoscenza assoluta e Freud lo conferma attraverso una spiegazione scientifica.    “TUTTA LA REALTA’ CHE STA INTORNO A NOI è CONTROLLABILE”, poiché un individuo ha una sfera di conscio (la quale ci consente di capire le cose che, poi, noi possiamo volontariamente richiamare alla nostra mente) e una sfera di inconscio (una vita che ci appartiene ma di cui noi non abbiamo la consapevolezza, per esempio le esperienze vissute nel grembo materno che noi non conosciamo).    Quindi la scoperta dell’inconscio, come realtà effettiva, rende i decadenti ancora più consapevoli che ciò che noi percepiamo concretamente è fenomenico.    I decadenti rifiutano tale posizione scientifica e si abbandonano nel vortice tenebroso che distrugge ogni legame razionale alla ricerca di una realtà più vera.    I decadenti contestano Freud perché dicono: “NOI, COME ESSERI UMANI, POSSIAMO SOLO, OGNI TANTO, RUBARE, CAPIRE UN PEZZO DI REALTA’”.   Poiché la scienza non può consentire la scoperta della realtà, gli strumenti privilegiati per cogliere il vero sono gli stati abnormi e irrazionali dell’esistere: la malattia, la follia, il delirio, la nevrosi, il sogno, l’incubo, l’allucinazione. Questi stati di alterazione, sottraendoci al controllo della ragione, permettono, magari confusamente, di vedere il mistero che sta dietro alle cose.    Gli stati di alterazione possono essere prodotti anche artificialmente, attraverso l’uso di alcool, oppio, hashish, ecc… Infatti, la cultura della droga ha origine nell’area del Romantico-Decadente, in cui si cercano stimoli per entrare in contatto con l’assoluto, per fornire ispirazione artistica. Per carpire qualcosa di assoluto, l’uomo deve abbandonare la sua sfera razionale entrando così in quella della droga e dell’alcool che alterano le nostre facoltà razionali facendoci perdere il controllo di noi stessi. Molti poeti, soprattutto francesi, moriranno intossicati da queste sostanze.   Ci sono poi altre forme di estasi che consentono l’intuizione dell’ignoto e dell’assoluto: il PANISMO, che consente all’uomo di confondersi nella natura e diventare parte integrante di essa (es. D’Annunzio) e le EPIFANIE, rivelazioni improvvise dell’assoluto, anche in realtà apparentemente comuni ed insignificanti.